venerdì 25 marzo 2011

11 domande a ... Davide Vargas


Municipio di San Prisco (CE), progetto di Davide Vargas

Undici domande come gli undici giocatori di una squadra di calcio. Strutturate con un modulo calcistico, il 4-4-2. La prima domanda non viene conteggiata proprio come il portiere nel modulo di una  squadra. Perché un portiere deve stare per forza in porta, così come un uomo deve essere per forza qualcuno.
Undici domande, sempre uguali, con le quali interrogare tanti personaggi della vita di tutti i giorni, di ogni estrazione sociale, di ogni professione. Per capire se si può comprendere qualcosa in più, cominciando da ognuno di noi.

      Le domande: 
           -  le prime quattro sulla vita, come ti difendi;
    le seconde quattro sui sogni, la fantasia al centrocampo;
       - ed infine,  il futuro, come bisogna buttare la palla dentro.

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Davide Vargas è un’ architetto e scrittore che vive e lavora ad Aversa. Si contraddistingue per la sua pacatezza.  
Racconti di qui è la sua prima raccolta (tullio pironti editore).
Ci tiene a precisare che da ragazzo giocava in porta, perché in mezzo era una schiappa.

1.        Ti consideri ottimista o pessimista?
D’istinto direi che sono pessimista, perché quello che vedo intorno non lascia spazio a molte speranze. Però, poi, nelle piccole cose colgo dei segnali di ottimismo, una piccola aiuola che viene fatta dove prima c’era cemento oppure nell’orgoglio di aver modificato un pezzetto di città, riferendomi all’intervento del Municipio di San Prisco. Quando mi confronto con le piccole cose e con le rare persone che producono minimi cambiamenti penso che qualche speranza ci sia.

2.       Qual è la tua giornata tipo?
Si svolge quasi sempre qui nello studio. Arrivo presto la mattina e se posso ci rimango il più possibile. Tutto ruota intorno a questo studio, che non è soltanto uno studio  d’architettura ma anche il posto dove scrivo, dove leggo. E’ una giornata di cultura in senso lato.

3.       Cosa ti piace ascoltare in questo periodo?
In questo periodo mi piace ascoltare molto Bruce Springsteen. Mi sembra che sia la voce dell’America. Ho una passione per la letteratura americana e la cultura americana in genere e Bruce Springsteen mi sembra che sia una voce autentica. Quando ascolto le sue ballate mi sembra di sentire i suoni delle praterie, di attraversare gli spazi infiniti.

4.       Qual’ è l’ultimo libro che hai letto o che stai leggendo?
Ho appena cominciato a leggere Libertà,  l’ultimo libro di Jonathan Franzen. Franzen mi era piaciuto molto in Le correzioni. Mi sembra che sia la sintesi di quell’atteggiamento della  cultura Americana di mettere le mani nelle cose fino in fondo senza avere timori. Franzen demolisce i luoghi comuni della famiglia in una maniera spietata. Perché demolendo si può ricostruire. Cosa che gli italiani non riescono a fare. Poi, in questo periodo sto leggendo anche le poesie di Bonnefoy.

5.       Che cosa faresti, potendo, domani e nei prossimi giorni?
Potendo, scriverei in questo periodo. Ho delle ispirazioni, delle idee però non riesco a tradurle in scrittura. Un po’ per motivi di tempo ma soprattutto perché non sgorga. Se avessi le condizioni scriverei, ho voglia di scrivere.

6.       Chi ti piacerebbe incontrare?
Mi piacerebbe incontrare tutte le persone che ho sfiorato e che magari si aspettavano una parola da me o io cercavo una parola da loro. Persone con le quali non sono riuscito a stabilire un contatto. Però immagino pure che questi incontri mancati siano serviti a prepararne altri, che forse perderei. Però, il sogno di recuperare le occasioni perse ce l’ho.

7.        Chi ti piacerebbe rivedere?
Direi le stesse persone.

8.       L’altra vita che avresti voluto vivere, qual’ è?
C’è un parte di me che pensa ad una vita avventurosa, fatta di viaggi, di partenze. Lontano da qui. La tentazione dell’avventura americana, in queste grandi praterie ce l’ho. Un pò alla Kerouac.

9.       Quale notizia vorresti leggere domani?
Così d’istinto, che l’Italia si sia liberata di Berlusconi però capisco che il problema non è lì. Sperò, magari, che ci si ri-innamori della qualità, della bellezza, del senso di responsabilità per l’ambiente, per il paesaggio, per l’architettura.

10.   Che cosa auspichi per Caserta e per Aversa?
I problemi di Caserta coincidono con quelli di Aversa, l’incuria e il degrado sono simili. Penso che queste città abbiano necessità di cultura, di un’educazione a riconoscere la vera natura dei bisogni, che non sono quelli che appaiono a prima vista e che sono dettati dalla moda e dal consumismo ma bisogni più profondi. Come dicevo prima, di qualità, di cultura, e di solidarietà. Nello specifico Aversa avrebbe bisogno di servizi, di marciapiedi, di alberi nei punti giusti ma in senso più ampio di riconoscere il valore della qualità.

venerdì 18 marzo 2011

Fare, voce del verbo essere

Lo spazio/studio Ofca durante la presentazione del libro

Non so quante volte ho ripetuto a me stesso che l’importante è -fare-. Me l’ho ripeto per convincermi, perché è difficile comprenderlo. Per dirla in termini cari alle riflessioni del filosofo casertano Lucio Saviani, -fare- sta diventando, per me, un limite a cui tendere. Un limite che però non esiste. E’ difficile capire che -fare-  è come -dare- e -dare- è più di -ricevere-. Per se stessi non per gli altri. -Fare- ha un valore enorme ed intangibile come la felicità; è parte di essa. E’ chiaro che bisogna ben -fare- nel senso di tentare di farlo bene. Quando, però, si -fa- senza secondi fini o ponendoli, sfocati, in secondo piano, il tentativo di fare bene è racchiuso nel -fare-, è intrinseco. Ed è questo tipo di -fare- che mi interessa.

Sono convinto che -fare- è un riempirsi senza mai essere colmi. Perché sempre puoi -fare- e sempre potrai -rifare-. Vivere deve avere qualcosa in comune con il -fare-. Credo che sia il movente di tutti i veri artisti, di tutti i creativi; sono mossi dal -fare- così come la luna muove le maree. E’ un impulso naturale. -Fare- per esprimersi ed essere se stessi, davvero vivi e liberi. -Fare- come sinonimo di respirare.

Mi hanno sempre colpito gli uomini che hanno una completa dedizione al -fare-, qualsiasi sia il loro raggio d’azione. Quelli che non inseguono la popolarità e continuano anche senza raggiungerla mai.

Le considerazioni sul tema del -fare- ritornano in me ogni volta che partecipo ad una buona mostra, ad una buona conferenza o ad un bell’evento come quello che si è tenuto nello spazio/studio di Raffaele Cutillo con la presentazione del libro "Voci di confine" di Lucio Saviani; con la partecipazione dell’attore Luigi Lo Cascio che ha dialogato con il filosofo e la presenza attiva di grandi musicisti come Pietro Condorelli e Gianni D’Argenzio. Sono, questi, momenti di un fervore feroce. E’ bello trovarsi di fronte a persone che -fanno- all’ennesima potenza. Ed il loro -fare- diventa un invito agli altri a -fare- a loro volta; o almeno questo è quello che capita a me.