mercoledì 15 giugno 2011

Considerazione ... a tempo debito.


Dal portamine di Giancarlo Covino

Cosi scriveva, il 2 Giugno, il prof. Cherubino Gambardella, in una nota pubblica su Facebook, in riferimento al confronto-dibatitto sull’architettura tenutosi allo studio OfCA di Raffaele Cutillo il 30 Maggio:

“… Un gioco di ruoli su parole chiave.
Chi sono , che faccio , com'ero da bambino etc …
… Alla parola sfrido mi sono addormentato.
Progetti visti un milione di volte , sempre gli stessi , accompagnati da introspezioni veramente disagevoli con schizzi un po' scolastici.
Insomma, ho avuto la sensazione che quattro architetti bravi e intelligenti, che stimo molto per le loro capacità si siano fatti fare prigionieri dal format del casertano intellettuale e poetico .
Forza ragazzi: nuovi progetti.
Anche senza committente , anche senza occasioni ma nuove ricerche di architettura e poche chiacchiere .”

Come dargli torto. Si dormiva anche prima della parola chiave sfrido. Uno dei quattro architetti a confronto, dell’affermato studio Iodice architetti di Aversa, ce l’ha messa tutta per non far capire niente di quello che diceva. E c’è riuscito. L’architetto prof. Rendina si è imbalsamato in progetti visti mille volte, sforzandosi di darne una nuova chiave di lettura. Degli architetti Cutillo e Vargas ho apprezzato la scelta di far semplicemente scorrere le immagine dei loro progetti come sottofondo ai loro interventi tesi a dare un senso alla serata.
Non tutti i validi architetti sono anche validi scrittori come Davide Vargas che può permettersi di raccontare la città o grandi oratori come Raffaele Cutillo che potrebbe parlare di qualsiasi cosa e riscontrare interesse negli astanti.
Datata e accademica. Queste le parole che mi vengono in mente pensando alla scelta della curatrice della serata, l’architetto Giulia Bonelli. Lo scivolone non è degli architetti ma di chi, appunto, ha scelto di costruire il confronto su  quelle parole “chiave”, dedotte forzatamente da alcune dichiarazioni iniziali dei quattro. Perché spingerli al cazzeggio filosofico?
Perché impostare un confronto in questi termini? Ne abbiamo bisogno? In un confronto tra architetti, oggi, c’è bisogno di filosofeggiare su parole chiave?
Forse non c’è mai stato questo bisogno. Se non ci sono opere nuove degne di nota perché non confrontarsi su questioni reali della città attraverso delle proposte concrete (raccontate, schizzate, disegnate) per la città e aprire così un dialogo con gli altri architetti presenti e con la città stessa.
Non ho un’idea chiara di come organizzare un confronto, so che non andrebbe fatto così. Perché così, la prossima volta, ad essere presenti saremo in meno e poi ancora meno.
Apprezzo molto lo sforzo che fa’ l'architetto Giuseppe Mascolo ad organizzare questi confronti, a margine di workshop ancora più impegnativi dal punto di vista organizzativo. Per questi confronti, però, credo che ci voglia uno sforzo ulteriore per far si che non siano sterili passerelle. L’architettura, e il dibattito/confronto, è fondamentale, sopratutto oggi, nella politica della città intesa come attività di governo del territorio.