venerdì 28 gennaio 2011

11 domande a ... Beniamino Servino


disegno di Beniamino Servino

Undici domande come gli undici giocatori di una squadra di calcio. Strutturate con un modulo calcistico, il 4-4-2. La prima domanda non viene conteggiata proprio come il portiere nel modulo di una  squadra. Perché un portiere deve stare per forza in porta, così come un uomo deve essere per forza qualcuno.
Undici domande, sempre uguali, con le quali interrogare tanti personaggi della vita di tutti i giorni, di ogni estrazione sociale, di ogni professione. Per capire se si può comprendere qualcosa in più, cominciando da ognuno di noi.

Le domande:
- le prime quattro sulla vita, come ti difendi;
- le seconde quattro sui sogni, la fantasia al centrocampo;
- ed infine,  il futuro, come bisogna buttare la palla dentro.

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Beniamino Servino è un architetto che vive e lavora a Caserta. Molto riservato e introverso, è considerato uno dei più interessanti architetti italiani.

1.        Ti consideri ottimista o pessimista?
Io sono normalmente pessimista ed ipocondriaco.

2.       Qual è la tua giornata tipo?
E’ ordinaria, è sempre la stessa, è ripetitiva. Una serie di attività che si ripetono. Ogni tanto introduco una nuova occupazione togliendone un’altra, in modo che il numero di cose da fare sia sempre lo stesso.
Molto ripetitiva, molto ordinata. Ogni parte della giornata [e ogni cosa che faccio] ha sempre come rumore di fondo l’attenzione analitica per l’ambiente fisico che mi circonda.
In forme diverse, con un’elasticità di strumenti, dal pensiero alla scrittura, alla lettura, alla navigazione in rete, al disegno tecnico.
Diverse forme di pensiero architettonico.

3.       Cosa ti piace ascoltare in questo periodo?
Io ascolto sempre la radio, radio 3. Quando sto in bagno radio 1. A volte in macchina metto qualche cd. Per me radio 3 è associata all’ambiente di lavoro, mentre nel bagno mi piace ascoltare i notiziari e i servizi di radio 1.

4.       Qual’ è l’ultimo libro che hai letto o che stai leggendo?
Scritto di notte, un’autobiografia di Ettore Sottsass.

5.       Che cosa faresti, potendo, domani e nei prossimi giorni?
Potendo, continuerei a fare le stesse cose, aggiungendo una qualità diversa. Nel senso che se avessi più soldi mi servirei di ulteriori strumenti per aumentare la qualità delle cose che faccio, però farei sempre le stesse cose.

6.       Chi ti piacerebbe incontrare?
Ho ridotto veramente a pochi individui la rete delle mie relazioni. Mi piacerebbe incontrare persone con le quali ho un’affinità di tipo emotivo. Sarebbe bello, però, incontrare anche qualcuno che ti fa ripartire da zero.

7.        Chi ti piacerebbe rivedere?
Nessuno. Significherebbe ritornare a parti di vita passata, significherebbe attivare pericolosi meccanismi di nostalgia.

8.       L’altra vita che avresti voluto vivere, qual’ è?
Non ci credo. Questa vita che vivo è quella che, lentamente, ho voluto. Per scelta il più delle volte, per inerzia altre. Non ho mai pensato ad un’altra vita.

9.       Quale notizia vorresti leggere domani?
Che attraverso nuove cure, nuovi modi di vivere, nuove invenzioni e scoperte si è ridotta al minimo possibile la sofferenza degli uomini

10.   Che cosa auspichi per Caserta?
Non riesco a immaginare una trasformazione di questa città, è così segnata. Sparirà Caserta, così come spariranno altre città e altri agglomerati in cui la civiltà e il senso di solidarietà non sono alla base della convivenza.

domenica 16 gennaio 2011

Nessun percorso da seguire.Nessuno schema.

Immagine di Giancarlo Covino

Non c’è nessun percorso da seguire. Non c’è “la” strada. C’è solo “una” strada, quella che non esiste ancora. La strada che stiamo costruendo. Nessuno può dirci dove vada, che cosa c’è in fondo. Nessuno può dirci se è sbagliata. Che cosa sarebbe giusto o sbagliato?  Esistiamo solo noi e nessun altro quando si tratta di decidere della nostra strada. E’ la nostra strada. Potrebbe non esistere, potrebbe non essere un qualcosa di già visto, e per questo potrebbe fare paura. Credo che meno sia ordinaria e inconsueta e più sarà bella. E’ questo il metro di giudizio per chi non si accontenta. Bisogna vivere, non sognare di farlo. Me lo ripeto sempre. Ma vivere è difficile, se la mettiamo in questi termini, significa mettersi in gioco, non seguire un percorso solo perché è di fronte a noi o perché è il più semplice per guadagnare qualcosa, per avere una famiglia, per avere un lavoro. Sembra quasi impossibile vivere veramente se ci soffermiamo a pensare: come si vive veramente? Non come ci hanno insegnato i media, i giornali,  i politici, gli amici, i cattivi libri. Nessuno ci può insegnare come si vive. Questo è il punto. Rimboccarci le maniche per costruire una strada, una strada che non esiste ancora, non per sopravvivere alle condizioni degli altri. Alle condizioni dei genitori. Alle condizioni di quelli che ci consigliano che è meglio così. Dicono: “Accetta quel lavoro, vedrai, con il tempo ti piacerà”,  “non preoccuparti è solo l’inizio poi ti abituerai”, “e che deve dire allora quello, guardalo”, “anche se non ti piace sei fortunato ad avere un lavoro di questi tempi”, “tieniti stretto il tuo lavoro, non importa che non hai tempo libero, poi cambierà”. E ancora: “non è così che si educano i figli”, “in ferie si va ad Agosto”, “ ma come, perché oggi non lavori ? Che cosa fai senza fare niente ?, “vai a letto tardi per dipingere e ti svegli a mezzogiorno, ma che vita é? Non è così che si fa”…
Ma la Gioia, dov’è la Gioia ? La Gioia della vita.

E’ la sovrastruttura che l’uomo, con l’aiuto dei mass-media, ha costruito intorno al concetto originario di gioia che ci ha fatto completamente perdere contatto con essa. La Gioia di vivere. Con il tempo, i media, e quindi la società che noi abbiamo via via delineato, ci hanno inculcato, attraverso continui ammaestramenti, il surrogato della gioia. Così come entrando in salumeria compriamo il sugo pronto che ci ricorda tanto il sugo fatto in casa dalla nonna. Il problema è che il ricordo del sugo della nonna nel tempo si affievolito sempre di più fino a scomparire del tutto. Alcuni sono convinti che il sugo fatto in casa dalla nonna si sia sempre trovato in salumeria. E’ stato inventato da qualche grande produttore. Abbiamo dimenticato dove è nato quel sapore. Non sapremmo più riconoscere quello autentico perché, di generazione in generazione, è stato tramandato sempre meno. Nessuno lo conosce. E’ quello che è accaduto alla gioia, alla felicità. Ci accontentiamo di credere che sia quella di cui parlano tutti, di cui tutti sono convinti. Abbiamo dimenticato che la gioia è una esperienza personale, un viaggio soggettivo dell’anima. Nessuno potrà mai dirti come raggiungerla e che cosa sia.
Perché un lavoro dovrebbe piacermi con il tempo ? Forse perché non c’entra niente con me e con la mia visione della vita, con i miei sogni, con le mie passioni e con le mie ambizioni. Solo quando tutte queste idee saranno finalmente dimenticate e camminerò su un terreno arido, che non potrà più dare frutti, morto da tempo, solo allora mi abituerò ad esso. Forse è per questo. 

Non ha importanza se non mi rimane tempo libero ? E perché mai dovrebbe avere importanza, chissà quante altre vite avrò ancora a disposizione. E poi con il passare degli anni mi ritroverò ad essere talmente abituato a lavorare solamente, che non avrò più voglia di andare neanche in pensione. E quando imperterrita arriverà obbligatoriamente anche la pensione che migliaia di anni luce prima anelavo, non saprò nemmeno che farmene. Peggio, mi sentirò finito. Quante brave persone ho visto morire dopo pochissimi anni di pensione, che fino a quel momento erano state in perfette condizioni fisiche, e non  desideravano altro che dedicarsi un po’ a se stessi, e che invece si sono ritrovate a non saper minimamente cosa fare di tutto quel tempo. Perché troppo ne era passato a mettere da parte e pian piano dimenticare tutto quello che erano. Perché è da quello che siamo che traiamo quello che facciamo. Perché è da quello che sogniamo di essere che decidiamo quello che faremo.

Ovunque ti proporranno il surrogato della gioia, abbi coraggio, non ti curar di loro ma guarda e passa. Amen.