Il sottosuolo


 Dal romanzo "Memorie dal sottosuolo" di Fedor M. Dostoevskij

“In un romanzo occorre un eroe  e qui apposta ho raccolto tutti i possibili tratti dell’antieroe e il peggio è che tutto ciò produrrà una sgradevolissima impressione, perché tutti noi siamo disavvezzi alla vita, tutti zoppichiamo, chi più, chi meno. Anzi, ci siamo così disabituati che sentiamo a volte perfino ripugnanza per la «vita viva» e non sopportiamo nemmeno che ce la ricordino. Siamo arrivati al punto che l’autentica «vita viva» la consideriamo quasi una fatica, quasi un impegno, e tutti siamo intimamente convinti che è meglio una vita costruita, «letteraria». E perché a volte ci agitiamo, su cosa ci incapricciamo, che cosa chiediamo? Non sappiamo neanche noi che cosa. Sarebbe peggio se le nostre capricciose richieste venissero esaurite. Bene, provate, dateci per esempio un po’ più d’autonomia, slegate a chiunque di noi le mani, ampliate la sfera delle attività, alleviate la tutela, e noi … ve l’assicuro: noi chiederemmo di tornare immediatamente sotto tutela. So che vi irrita quello che sto dicendo, che gridate e pestate i piedi: «Parlate di voi e delle vostre miserie del sottosuolo e non arrischiatevi a dire “tutti noi”». Scusate signori, ma io mica mi voglio giustificare con questo «tuttismo». Per quanto riguarda me personalmente io, nella mia vita, ho spinto fino alle estreme conseguenze quello che voi non osereste fare neanche a metà. E la vostra vigliaccheria voi la considerate buonsenso e così vi mettete tranquilli, ingannando voi stessi. E allora io risulto «più vivo» di voi. Ma guardate più a fondo! Ormai noi non sappiamo neppure dove vive ciò che è vivo, e che cos’è, e come si chiama. Lasciateci soli senza libri e noi ci confondiamo subito, ci smarriamo, non sappiamo dove dirigerci, a cosa aggrapparci: cosa amare e cosa odiare; cosa apprezzare e cosa disprezzare. Noi sentiamo il peso perfino del nostro essere uomini, uomini con corpo e sangue nostri, autentici. Ce ne vergognamo, lo consideriamo disdicevole e ci intestardiamo ad essere in-esistenti uomini-sociali. Noi, nati-morti ormai da molto tempo nasciamo non da padri vivi, e questo ci piace sempre di più. Ci stiamo prendendo gusto. Presto troveremo il modo di nascere dalle idee. Ma basta. Non voglio più scrivere dal «sottosuolo»…”