sabato 20 novembre 2010

Gli anni della scuola. Giornata mondiale dei diritti dei bambini




 Spesso mi sono soffermato a ripensare agli anni della scuola dell’obbligo ed in modo particolare alle scuole elementari. Questo perché sin dalle prime volte avevo la sensazione che qualche cosa non andasse in quegli anni, in quei ricordi.
Oggi, credo che pur avendo avuto del tempo libero e pur dedicando del tempo al gioco questo fosse comunque poco, perché credo che un bambino debba giocare di più, debba  stare per più tempo senza pensieri. Dovremmo preoccuparci di più dei bambini preoccupandoci dei giochi che fanno, non limitando il loro tempo di gioco con i compiti a casa, spesso troppi e che poco hanno a che fare con un bambino. Ho cominciato a pensare che anche i voti o i giudizi fossero davvero fuori luogo per dei bambini. Sono fuori luogo.
 Sono gli anni più belli, quelli che non faremo mai fatica a ricordare e non posso pensare che ci sia un bambino di sette anni preoccupato per i compiti. Una vita davanti, la gioia nel cuore, la voglia di fare qualsiasi cosa, l’intero mondo a colazione, pranzo e cena e … qualcuno pensa che è importante iniziare, sul serio, a capire la vita … no, io no.
Poi, ieri, ho letto che in Francia un gruppo di intellettuali ha fatto un appello al governo per eliminare il sistema dei voti dalle scuole elementari,  per evitare a bambini troppo piccoli di dover reggere stress e competizione e ho capito che non ero il solo ad avere una certa idea dell’infanzia. Lo scrittore Daniel Pennac, primo firmatario dell’appello, che per 27 anni ha fatto l’insegnante, dice:
“il voto è la sorgente della paura preventiva, quella che ci portiamo dietro e che non se ne va più via. Il voto è la valutazione. E’ il giudizio. E’ il sospetto che si annida dentro l’alunno, dentro il maestro. Il voto è la vergogna dell’essere somaro. E genera la vergogna dei genitori. E’ la vergogna e la resa dell’insegnante. E per ultimo la resa di una intera società. Che finisce solo per preoccuparsi dell’identità, dell’immagine. Di un fantasma.”
Dice anche che i professori che lo hanno aiutato sono stati quelli che lo volevano conoscere, che cercavano di fargli amare la materia che insegnavano e non quelli che volevano solo valutarlo. E’ un discorso valido anche per una scuola media o superiore, per quanto mi riguarda.
Infine mi accorgo di due cose.
 La prima è che proprio nel 2009 in Italia la Gelmini reintroduce, addirittura, il voto da 1 a 10, al posto del voto attraverso un giudizio come succedeva dal 1977.
La seconda è che non bisognava aspettare i francesi per teorizzare una scuola più serena per i bambini, perché già nel 1907 Maria Montessori professava proprio questo, fondando la sua prima “casa dei bambini” a Roma, niente voti e niente compiti a casa.
Non era difficile. Bastava guardarsi le spalle.

P. s. In Italia anche prima del 1977 la valutazione alle scuole elementari era in voti da 1 a 10, con precisione è nel 1923, con il partito fascista già al potere, che si sceglieva questo tipo di valutazione. Due anni dopo ebbe inizio la dittatura fascista.

1 commento:

  1. Il percorso tortuoso che sta attraversando l'istruzione ( in Italia in particolare ) si realizza nella frammentazione e nel nozionismo, si rende effettuale come capacità di memoria e non come amore per il sapere. In questo sta il "gap" che divide insegnanti da alunni, e il sitema di valutazione non è altro che un'euristica, un modo semplice per quantificare qualcosa che dovrebbe essere letto più in profondità. Non mi dilungo ma cito:

    "Se vuoi costruire una nave, non radunare gli uomini per fare loro raccogliere il legno, e distribuire i compiti e
    suddividere il lavoro, ma insegna loro la nostalgia del mare ampio e infinito"

    Antoine de Saint-Exupery

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