venerdì 18 marzo 2011

Fare, voce del verbo essere

Lo spazio/studio Ofca durante la presentazione del libro

Non so quante volte ho ripetuto a me stesso che l’importante è -fare-. Me l’ho ripeto per convincermi, perché è difficile comprenderlo. Per dirla in termini cari alle riflessioni del filosofo casertano Lucio Saviani, -fare- sta diventando, per me, un limite a cui tendere. Un limite che però non esiste. E’ difficile capire che -fare-  è come -dare- e -dare- è più di -ricevere-. Per se stessi non per gli altri. -Fare- ha un valore enorme ed intangibile come la felicità; è parte di essa. E’ chiaro che bisogna ben -fare- nel senso di tentare di farlo bene. Quando, però, si -fa- senza secondi fini o ponendoli, sfocati, in secondo piano, il tentativo di fare bene è racchiuso nel -fare-, è intrinseco. Ed è questo tipo di -fare- che mi interessa.

Sono convinto che -fare- è un riempirsi senza mai essere colmi. Perché sempre puoi -fare- e sempre potrai -rifare-. Vivere deve avere qualcosa in comune con il -fare-. Credo che sia il movente di tutti i veri artisti, di tutti i creativi; sono mossi dal -fare- così come la luna muove le maree. E’ un impulso naturale. -Fare- per esprimersi ed essere se stessi, davvero vivi e liberi. -Fare- come sinonimo di respirare.

Mi hanno sempre colpito gli uomini che hanno una completa dedizione al -fare-, qualsiasi sia il loro raggio d’azione. Quelli che non inseguono la popolarità e continuano anche senza raggiungerla mai.

Le considerazioni sul tema del -fare- ritornano in me ogni volta che partecipo ad una buona mostra, ad una buona conferenza o ad un bell’evento come quello che si è tenuto nello spazio/studio di Raffaele Cutillo con la presentazione del libro "Voci di confine" di Lucio Saviani; con la partecipazione dell’attore Luigi Lo Cascio che ha dialogato con il filosofo e la presenza attiva di grandi musicisti come Pietro Condorelli e Gianni D’Argenzio. Sono, questi, momenti di un fervore feroce. E’ bello trovarsi di fronte a persone che -fanno- all’ennesima potenza. Ed il loro -fare- diventa un invito agli altri a -fare- a loro volta; o almeno questo è quello che capita a me.

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